Dr. Panza, negli ultimi anni, accentuato dopo il lockdown, si è osservato un progressivo aumento del disagio psico sociale negli adolescenti/giovani. Lei ha un’idea di quali sono i motivi che hanno portato a ciò?

Mi sembra interessante che la domanda non sia rivolta, in prima battuta, a riproporre, in questa sede, un elenco compilativo di sintomi o disagi, peraltro ampiamente descritti da una ampia parte della pubblicistica e che alla fine si traducono in una serie di ‘variazioni su tema’ riferibili all’area del cosiddetto disturbo post-traumatico da stress. Il quesito suggerisce opportunamente che il disagio negli adolescenti non vada considerato un problema a sé stante, che riguarda esclusivamente quella fascia di età, ma vada contestualizzato in una serie di processi involutivi all’opera da diversi anni e che riguardano l’intera compagine sociale contemporanea, quella che il filosofo Byung-Chul Han ha definito, fin dal 2010, La società della stanchezza. Certamente questi processi involutivi si sono ulteriormente aggravati da quando pandemie e guerre hanno cessato di essere fantasmi che abitano luoghi lontani e tempi remoti e sono venuti a bussare alle nostre porte. “I flagelli, invero sono una cosa comune -scriveva Albert Camus ne La peste (1947)- ma si crede difficilmente ai flagelli quando ti piombano sulla testa. Nel mondo ci sono state, in egual numero, pestilenze e guerre; e tuttavia pestilenze e guerre colgono sempre gli uomini impreparati”.

 

In base alla sua esperienza, il disagio evidenziato nei giovani è assimilabile a quello storicamente sempre presente nell’umanità o, in questo caso, compaiono elementi nuovi?

Continuità e discontinuità sono due dimensioni concettualmente incompatibili, ma che pure si fiancheggiano e si intrecciano nelle nostre narrazioni di vita, sia individuali che collettive. Dunque in ogni fenomeno socialmente e psicologicamente rilevante troveremo aspetti che da sempre sono stati riconosciuti come caratteristici della condizione umana, tanto da evocare il motto dell’Ecclesiaste: Nihil sub sole novum. In particolare questo ‘eterno ritorno’ riguarda il fondo di vulnerabilità che ci abita, legato alla dimensione entropica dell’esistente e alla impermanenza e precarietà di qualsiasi assetto. Tuttavia questo ‘motivo conduttore’ che si ripropone attraverso le epoche, viene continuamente riformulato, colorandosi di tonalità inedite e assumendo configurazioni volta per volta diverse e inconfrontabili. Una delle caratteristiche del disagio della nostra epoca consiste nel fatto che gli strumenti di cui disponiamo contribuiscono in maniera diretta ad originare difficoltà e problemi, per cui possiamo arrivare a temere o a diffidare delle nostre stesse risorse. Un esempio può riguardare proprio gli adolescenti, che hanno oggi a disposizione, attraverso il web, una mole di dati e strumenti conoscitivi di una ricchezza incomparabile a quelli di cui disponevano le generazioni precedenti. Certamente un privilegio, che tuttavia può contribuire ad alimentare un senso di insufficienza ed inadeguatezza, determinato dalla sproporzione quantitativa tra le domande e il numero di risposte che si ottengono, che spesso ammontano a migliaia di unità e risultano dunque di difficile gestione e metabolizzazione. In questa stessa prospettiva, molti dei fattori di progresso o di incremento sul piano produttivo, legati alla cosiddetta globalizzazione, sono essi stessi all’origine di una serie di problemi che vanno dal crescente aumento delle disuguaglianze sociali ed economiche alla alterazione degli equilibri ambientali e climatici, in cui vanno inclusi gli elementi predisponenti ad una maggiore diffusione delle epidemie che tendono a prendere l’aspetto di pandemie. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, i provvedimenti di chiusura e distanziamento sociale che hanno dominato nelle cosiddette fasi 1 e 2 della pandemia recente hanno certamente alterato la vita di tutti, soprattutto trasformando quelli che erano luoghi di condivisione, di incontro e arricchimento in luoghi minacciosi da evitare, dato che il nemico poteva essere veicolato dall’amico: un figlio per un genitore o viceversa, l’amante per l’amato, l’amico per il gruppo e così via. Rispetto a queste mutazioni profonde il disagio ha riguardato tutti, ma bisogna rilevare che i provvedimenti per il contenimento della crisi sanitaria si sono rilevati particolarmente contrastanti con le esigenze proprie degli adolescenti, il cui principale compito evolutivo è quello di arrivare, tramite l’esperienza, a delineare una imminente prima configurazione della propria identità adulta.

Uno dei più importanti studi sulla relazione evolutiva mente-corpo nell’adolescenza è il libro di Armando Ferrari Adolescenza. La seconda sfida (testo del 1994, recentemente ripubblicato in Armando B. Ferrari. Il pensiero e le opere, 2022), che si apre con questa considerazione: “Nell’esperienza adolescenziale il fare e il conoscere non possono non coincidere”. Anche questo, se vogliamo, è un aspetto trasversale: sulla coincidenza di conoscere e fare si basava anche il concetto greco di praxis, ma nel caso degli adolescenti doversi misurare con spazi di condivisione/confronto è una necessità assoluta e inoltre rende possibile effettuare un processo di negoziazione con le proprie fragilità e con le proprie risorse, evitando sia la caduta dell’autosima che l’inflazione arrogante e prepotente. Come ha notato Paolo Carignani, curatore della riedizione del testo, l’ipotesi di Ferrari sull’importanza del fare in adolescenza si è dimostrata drammaticamente valida quando è stato richiesto agli adolescenti di smettere di fare. Questa interruzione ha comportato smettere di conoscere e soprattutto, per molti di loro, smettere di conoscersi. La cesura non è stata automaticamente superata alla fine del lockdown, allorché bisognava riproporsi alla vita privi del senso di continuità dell’esperienza di sé-nel-mondo. Il risultato: grande aumento di ansia generalizzata con coloriture depressive, di fobia scolare, del ricorso ad atti autolesivi o del rifugio in diverse forme di dipendenza.

 

In ragione di quanto detto sopra, lei quali percorsi terapeutici evidenzia e consiglia nei confronti dei disagi attuali degli adolescenti/giovani?

In questo contesto non si tratta, con ogni evidenza, di dover capire l’origine o la causa delle disarmonie in atto o di doverle classificare secondo un’ottica manualistica, quanto piuttosto creare uno spazio di riflessione condivisa che permetta di tradurre nel dicibile e nel pensabile le risonanze emotive prodotte dagli eventi in corso. Da questo punto di vista ritengo adeguato un percorso di psicoterapia psicodinamica, in un arco di tempo adeguato alla principale esigenza degli adolescenti, che, come si è detto, è quella di tornare al più presto a misurarsi e ad apprendere dall’esperienza. Un percorso terapeutico indirizzato dunque non tanto a scoprire la natura del problema, quanto a riattivare una pensabilità non stereotipata o sloganistica, principale deriva culturale dei periodi di crisi. Oltre alle conseguenze legate all’incremento del senso di vulnerabilità naturale, gli adolescenti sono particolarmente esposti al rischio di una riduzione o inaridimento del senso di progettualità. Anche questo non è un fenomeno inedito, così lo descriveva il più grande etnologo italiano, Ernesto De Martino, nel suo ultimo libro incompiuto, La fine del mondo (1977): “perdere la possibilità di farsi presente operativamente al mondo, il restringersi -fino all’annientarsi- di qualsiasi orizzonte di operabilità mondana”. Nei nostri anni appare fondamentale riflettere sulla possibilità di rinchiudersi difensivamente nel quotidiano e nella routine, esasperando una tendenza già presente, secondo Byung-Chul Han, nella società della stanchezza: correre sempre più veloci non per muoversi in qualche direzione, ma per rimanere fermi dove si è o per non sentirsi scivolare all’indietro.

 

Alberto Panza

Responsabile del Servizio di Psicologia e Psicoterapia del Centro Italiano di Medicina Integrata (Roma);

docente di Elementi di Psicoanalisi dell’Istituto di Specializzazione in Psicoterapia ‘Aretusa’ di Padova;

membro del comitato scientifico del Centro Internazionale di Studi Psicodinamici sulla Personalità (Venezia).