Dott. Marco Lombardozzi

La parola “autismo” deriva dal greco “αὐτός” (aütós) che significa “sé stesso” e venne impiegata per la prima volta da uno psichiatra svizzero, Eugen Bleuler (1911), che era il direttore del Burgholzli Hospital di Zurigo, per descrivere un sintomo caratteristico di alcune fasi della schizofrenia. Oggi il DSA (Disturbo da Spettro Autistico) non è più associato al quadro schizofrenico e viene definito come un disturbo del neuro-sviluppo. Viene descritto dal DSM-5 con due caratteristiche essenziali, quali:

1)deficit persistente della comunicazione sociale e dell’interazione sociale in molteplici contesti;

2)pattern di comportamento, interessi o attività ristretti e ripetitivi.

La sintomatologia generalmente si manifesta clinicamente in fasi precoci, cioè nella prima infanzia soprattutto tra 7 e 12 mesi (Parmeggiani A. et al., 2019), e viene di solito riconosciuta durante il secondo anno di vita (12 – 24 mesi) (APA 2013).

Ora soffermiamoci sullo stress ossidativo che deriva dalla produzione eccessiva di specie reattive dell’ossigeno (Reactive Oxygen Species, ROS) che originano da diverse fonti esogene ed endogene, come il normale metabolismo o l’infiammazione, che portano alla diminuzione delle difese antiossidanti (Cooke M.S. et al., 2003; Biswas S.K. et 19 al., 2016). Il mantenimento dell’omeostasi in questo sistema è importante per il corretto funzionamento delle funzioni cellulari e sia una diminuzione che un aumento dei ROS può provocare un’alterazione delle funzioni fisiologiche. (Finkel T. e Holbrook N.J., 2000)

Questo meccanismo diventa particolarmente importante quando è il cervello l’organo colpito, il quale consuma il 20% dell’ossigeno dell’organismo. Ne consegue che il cervello è particolarmente predisposto allo sviluppo di stress ossidativo, e di conseguenza anche al danno ossidativo.

I risultati derivanti da studi su modelli animali hanno dimostrato che ci sono importanti effetti dannosi causati dallo stress ossidativo sul SNC (Khan R.S. et al., 2014; Xu B. et al., 2019). Pertanto, è stato proposto che lo stress ossidativo possa contribuire al danno neuronale nel cervello in via di sviluppo di bambini geneticamente suscettibili al DSA e ciò potrebbe rappresentare un importante fattore nello sviluppo di tale disturbo (Frustaci A. et al., 2012; Ikonomidou C. e Kaindl A.M., 2011). Quanto affermato è stato poi sostenuto dai risultati di uno studio in cui è stato trovato un aumento dello stress ossidativo nel cervello di pazienti con DSA (Rose S. 21 et al., 2012). Valutando i biomarkers di stress sono risultati diminuiti il glutatione ridotto e il rapporto glutatione ridotto/glutatione ossidato in entrambe le regioni cerebrali dei soggetti con DSA, delineando quindi una condizione di aumentato stress ossidativo.

Pertanto la somministrazione di Glutatione in bambini affetti da Disturbo da Spettro Autistico sembra avere un razionale significativo e tracciare una delle possibili vie terapeutiche che si collocano nell’approccio curativo di tale disturbo.

Esistono oggi prodotti in grado di fornire un adeguato apporto di Glutatione, più efficaci sono quelli in forma liposomiale, molto più assorbibile e con ottima compliance. Possono essere somministrati anche nell’infanzia e per lunghi periodi di tempo. Un’arma in più per i medici che affrontano questo disturbo a favore dei loro piccoli pazienti.