di Manuel Cascioli

Negli ultimi decenni la relazione uomo-animale si è sostanzialmente modificata e si è affermata la consapevolezza che da tale relazione l’uomo (bambini, persone anziane e coloro che soffrono di disagi fisici e psichici) può trarre giovamento. La convivenza con gli animali d’affezione, se correttamente impostata, può rappresentare già di per sé fonte di beneficio per la società e, gli animali domestici possono avere un importante ruolo di mediatori nei processi educativi e terapeutico-riabilitativi.

Tuttavia, come hanno osservato diversi ricercatori (Beerda, Blecha, Morberg), i cani utilizzati nell’assistenza alle persone e nelle sessioni di lavoro possono registrare livelli più alti di stress, indipendentemente dal fatto che gli utenti siano i loro compagni o meno. Infatti particolari situazioni riguardanti l’ambiente circostante e il modo in cui l’utente si approccia al cane, possono determinare un aumento degli indicatori di stress nel soggetto animale, modificandone il comportamento.

Queste modifiche derivano da una funzione intrinseca dello stress, cioè quella di generare uno strumento utile nelle situazioni di “fight or flight” (letteralmente “combatti o fuggi”) migliorando, per esempio, l’agilità dell’animale (Jense). La capacità temporaneamente acquisita potrebbe essere inibita, per esempio, da limitazioni dello spazio, come quando il cane si trova in una stanza piccola e affollata o è in braccio al proprietario/addestratore. Tali effetti negativi, come suggeriscono diversi psichiatri e neurologi (Chrous e Gold, Beerda), si riflettono sull’arousal, cioè quello stato di eccitazione e reattività del sistema nervoso in risposta a stimoli interni o esterni, capaci di generare comportamenti di sostituzione, i cosidetti indicatori dello stress canino, come: il lick nose (leccarsi il muso e il tartufo), lo scratch (grattarsi) e lo yawn (sbadigliare).

Per limitare tali problematiche ci vengono in soccorso sia la Medicina Omotossicologia che la Floriterapia di Bach.

Grazie all’Omotossicologia, possiamo utilizzare un farmaco omotossicologico, costituito da: Kalium bromatum, Phosphoricum acidum, Sepia officinalis, Strychnos ignatii, Zincum valerianicum, il sinergismo terapeutico che si genera è paragonabile ad un farmaco convenzionale come il Lorezam (appartenente alla famiglia delle benzodiazepine) non utilizzabile nel cane e nel gatto per gli effetti collaterali che produce in queste due specie animali.

La Floriterapia di Bach, permette di avere un’azione più rapida e facile nella somministrazione (anche nel cibo), forse meno profonda rispetto al farmaco omotossicologico. Nella mia esperienza, utilizzo in tali situazioni un particolare complesso di fiori di Bach composto da: Walnut, Crab apple, Cherry plum, Honeysuckle, Chicory, Wild oat, appositamente studiato per i nostri amici, per la sostituzione del Brandy (non gradito) con il Glicerolo e, con un pratico contagocce in morbido silicone che evita la rottura e la possibile ingestione del vetro del classico contagocce

Il famoso psicoanalista Jeffrey Moussaieff Masson afferma “I cani non mentono su ciò che provano, perché non possono mentire sulle emozioni.” Ma questi turbamenti spesso non sono identificabili dall’operatore, ed è in questo contesto, che ci viene in aiuto l’Omotossicologia e la Floriterapia di Bach.