Dr.ssa Isabella Mauro

Il Medico di Medicina Generale (MMG) è una particolare figura professionale che supera il “semplice” contesto del medico dei nostri giorni, inteso come valutatore di una condizione di alterate funzionalità organiche e applicatore di linee di comportamento diagnostico-terapeutico (linee-guida).

Il MMG si avvicina molto di più al vecchio concetto del professionista ricco dell’italianissimo bagaglio “umanistico” dove la scienza pone al centro l’uomo e non sé stessa. È una figura che si integra  nel nucleo familiare dell’ammalato, il cui problema non è il semplice riconoscimento della malattia e la ricerca della linea guida risolutoria, ma un’insieme di componenti psicologiche, fisiche, sociali, familiari, interiori che la persona bisognosa cerca di comunicare in qualche modo.

Naturalmente per poter praticare il mestiere di medico in un ambito così complesso e fuori dalla “semplice” problematica causa di malattia e cura richiede non solo una grande preparazione professionale, ma anche una grande capacità di comunicazione e di sacrificio.

L’informazione che stanno diffondendo i mass-media mostra un piccolo impiegato che scrive ricette e non interagisce con i propri pazienti, esattamente il contrario della realtà, dove ci si trova quotidianamente a confrontarsi con decine di persone che hanno bisogno della disponibilità a essere ascoltati, a essere compresi, talvolta solo a potersi sfogare con qualcuno.

Entrare in un contesto così artigianale e complesso con un “bacino di utenza” di mille – millecinquecento persone è una cosa assai impegnativa, quasi insostenibile, però si fa.

A questo va aggiunto il mondo tutto italiano della burocrazia, dove qualsiasi cosa diviene complicata. Un mondo che colpisce principalmente i MMG perché sono l’anello debole del sistema: qualsiasi cosa non vada c’è il “medico di base” che deve trovare la soluzione, qualsiasi bega amministrativa o formale costringe l’ammalato e il medico generico a reiterati e inutili confronti.

Negli ultimi anni le problematiche emergenziali della pandemia hanno portato al tracollo della professione del MMG, nella totale indifferenza mediatica: il lavoro è triplicato, i rischi si sono visti (pari morti tra medici ospedalieri e generici), la “disattenzione” delle istituzioni è stata vergognosa (non sono stati forniti neanche gli adeguati supporti di sicurezza: ogni MMG doveva arrangiarsi come poteva). Naturalmente tutto questo sovraccarico non è stato adeguatamente retribuito. Tutto “normale” anche se qualcuno guadagna sessanta milioni di euro nella mediazione dell’acquisto di mascherine, e invece gli “eroici” medici generici sono stati retribuiti con centesimi di euro a paziente per tutto quello che hanno dovuto affrontare?

Il problema non è “oggi”, ma stasera, al più domattina, quando nuove generazioni di medici subentreranno al posto dei vecchi “romantici” medici generici. Saranno disponibili a sacrificare per quattro soldi la loro vita e la loro salute? Quando i giornali parlano delle retribuzioni dei medici generici, citano cifre lorde, senza conteggiare le spese considerevoli: affitto dello studio, spese di materiali, sistemi di gestione, manutenzione, luce, telefono, etc  e le tasse (perché la retribuzione è al lordo di almeno metà delle tasse). Non dicono che il medico generico non ha TFR, non ha indennità di malattia, né ferie, né tredicesima, quando manca da studio deve trovare e pagare un sostituto.

Quante ore al giorno si impegna un medico generico? Certo non le 15 ore a settimana accennate dal prof. Garattini che citava solo le ore di disponibilità “minima” prevista dal CNL di apertura dello studio per il massimalista: tre ore al giorno di studio per cinque giorni a settimana, dimenticando che al di fuori di quest’orario minimo di contratto ci sono le ore giornaliere impiegate per fare visite domiciliari, rispondere a voce o per iscritto a decine di persone, tenere aggiornate le cartelle cliniche, seguire l’andamento della spesa farmaceutica, prescrivere centinaia di farmaci ripetitivi, una quantità sempre crescente di funzioni burocratiche, come la comunicazione di guarigione COVID, nuovi piani terapeutici, le funzioni medico-legali, dal certificato di malattia INPS in poi… Quante ore al giorno e quante persone servono per tutto questo?

Nuove regole appena introdotte richiederanno un ulteriore aggravio di lavoro presso stutture della medicina territoriale (ASL). Con quali forze il medico generico, e con quali tempi, potrà affrontarle?

Tutto questo nel completo oblio di quello che per secoli ha fatto l’Italia come il centro di una medicina incentrata sull’Uomo. Noi, figli del Rinascimento e dell’Umanesimo, che ha fatto ancora più grande il nostro Paese. Noi asserviti a una medicina di stile anglosassone, dove la persona è un insieme complesso di cellule e funzioni, da trattare come un campo di battaglia, come un territorio invaso dove portare la guerra contro il nemico, la malattia.

Per questo motivo molti medici generici presto daranno disponibilità come camerieri (con le mance non è malaccio e i clienti non ti chiamano a casa) o come contadini (la terra è bassa ma d’inverno fa buio presto e se piove non si lavora).