Marco Lombardozzi

La vitamina D è stata scoperta nel 1919 da Kurt Huldschinsky (pediatra tedesco) il quale notò che i bimbi affetti da rachitismo miglioravano le loro condizioni se esposti al sole e nel 1922 A.F. Hess e H.B. Gutman attribuirono questo miglioramento ad un composto liposolubile oggi noto con il nome di Vitamina D.

Continuiamo, per convenzione,  ad usare il termine vitamina anche se è improprio,  Il termine vitamina, infatti, identifica quelle sostanze organiche indispensabili per la vita che devono necessariamente essere introdotte con la dieta poiché l’organismo non è in grado di sintetizzarle, invece la vitamina D  è più correttamente un pre-ormone, che ha il compito principale di regolare il metabolismo del calcio e del fosforo il cui apporto alimentare garantisce il 10-15% del fabbisogno, mentre la maggior parte è sintetizzata dall’organismo tramite sintesi cutanea attraverso la luce solare. La vitamina D si trova in due forme: vitamina D2, o ergocalciferolo, di origine vegetale, e vitamina D3, o colecalciferolo, che deriva dal colesterolo ed è prodotta direttamente dall’organismo. Trattandosi di un pre-ormone, la vitamina D deve essere attivata tramite due idrossilazioni, quindi tramite due reazioni enzimatiche: la prima avviene a livello del fegato, la seconda a livello renale. La forma attiva e circolante nel sangue della Vitamina D3 è la 1,25 diidrossi-vitamina D, prodotta dai reni, e in misura minore la 25 idrossi-vitamina D, prodotta dal fegato.

Tradizionalmente l’importanza della vitamina D3 è stata associata con le ossa e l’apparato muscoloscheletrico, tuttavia alcuni recenti lavori hanno sottolineato come la vitamina D3 abbia un significativo impatto sulla fisiologia dell’essere umano che va molto al di là dell’assorbimento e della fissazione del calcio per il normale sviluppo delle ossa e dell’apparato muscoloscheletrico in genere.

È stato osservato che la deficienza di vitamina D nell’essere umano è un problema globale; contrariamente a quanto ritenuto in passato, infatti, la deficienza da vitamina D è comune anche nei paesi più industrializzati. Un numero sempre maggiore di studi osservazionali hanno evidenziato la correlazione tra patologie molto diverse e uno stato di generale ipovitaminosi D nella popolazione sottoposta a indagine. I recettori per la vitamina D sono presenti in tutte le cellule del corpo umano, e sono noti come VDR (Vitamin D Receptor). Questi recettori appartengono ad una classe di fattori di trascrizione nucleari, e possiedono un sito di legame per la forma attiva della vitamina D3.

Uno dei ruoli più significativi della vitamina D3 sembra essere quello della regolazione del sistema immunitario, lasciando immaginare un ruolo di questa vitamina nella prevenzione dei disordini immunitari e delle infiammazioni.

I recettori della vitamina D sono stati infatti individuati in diverse cellule del sistema immunitario, in particolare nei linfociti T e B, nelle cellule dendritiche (cellule che hanno la funzione di presentare gli antigeni), i macrofagi, le cellule NK (natural killers). E’ stato osservato che il legame VDR-vitamina D attiva il sistema delle MAP chinasi enzimi coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare, e nell’attivazione o disattivazione di diversi fattori di trascrizione.

La vitamina D ha mostrato inoltre la capacità di sopprimere le vie metaboliche che portano all’espressione delle principali citochine infiammatorie: IL-1, IFN-gamma, IL-2, TNF alfa e di incrementare l’espressione di quelle antinfiammatorie come IL-4 e IL-10. A tal proposito è stata osservata anche l’importante azione inibitrice verso l’NFKB.

Gli integratori in commercio si presentano in forma oleosa per garantire un migliore assorbimento, in quanto la D è liposolubile. Se ne prescrive l’assunzione la mattina durante o dopo la colazione. Considerato che è consigliata l’assunzione contemporanea di vitamina K2 , per favorire l’attivazione dell’osteocalcina che deposita il calcio ematico a livello dell’osso, poichè  la D e la K2 utilizzano gli stessi recettori, per evitare la saturazione degli stessi con conseguenti limitazioni di assorbimento, si consiglia l’assunzione della K2 la sera, a distanza, quindi, dall’assunzione della D.

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