Redazione

Chi tra di noi, che operiamo nel mondo della salute, non si è posto almeno una volta la domanda: “quando nasce la coscienza?”. Ma innanzitutto, che cosa è la coscienza? La coscienza è stata definita come la “consapevolezza di sè, degli altri e dell’ambiente che ci circonda, quindi essere presenti per sè e per gli altri e rispondere agli stimoli”. Però il momento in cui si sviluppa la coscienza è rimasto un mistero. Un recente lavoro apre ipotesi affascinanti e significative su tale momento. (Consciousness in the cradle: on the emergent of infant experience. Tima Bayne, Lorina Naci, Joel Frohlich, Rhodri Cusack, Julia Moser. Pubblicato il 12 ottobre 2023 in “Trends in Cognitive Sciences”).

Per fornire una nuova prospettiva sull’argomento, i ricercatori hanno esaminato i più recenti studi sulla coscienza disponibili in letteratura, valutando nei neonati quei marcatori dell’imaging cerebrale che vengono usati per stabilire il grado di coscienza negli adulti. Dall’analisi è emerso che qualche forma di coscienza si svilupperebbe addirittura già nel periodo perinatale (tra la 28ª settimana di gestazione e il 7º giorno dopo la nascita). A sostenere questa ipotesi 4 elementi: l’avanzata connettività del cervello, gli indicatori di attenzione, l’integrazione delle informazioni sensoriali e i marcatori fisici legati alla sorpresa e al riorientamento dell’attenzione. Questi risultati, se confermati da successivi studi, sarebbero sorprendenti, perché attiverebbero immediatamente l’attenzione sul periodo gestazionale e sulla sua influenza sul feto, allargando le già note influenze dell’ambiente nel periodo intrauterino, alla fase neurologica importantissima in cui l’essere umano assume consapevolezza di sé e degli altri e che lo rende pertanto differenziato dal resto degli esseri viventi.

“I nostri risultati – ha affermato la psicologa del Trinity College di Londra Lorina Naci (che ha partecipato alla ricerca) suggeriscono che i neonati possono integrare risposte sensoriali e cognitive in via di sviluppo in esperienze coscienti coerenti per comprendere le azioni degli altri e pianificare le proprie risposte”. “Ciò – ha proseguito – non significa necessariamente che la coscienza venga attivata improvvisamente alla nascita, ma che potremmo aspettarci un graduale risveglio dell’esperienza che si sviluppa man mano che le sinapsi si fondono, i sensi si fondono e la cognizione costruisce modelli che possono essere messi in discussione quando compaiono nuovi stimoli”.

Questa ipotesi suggestiva può stimolare anche il mondo medico a porre particolare attenzione ai farmaci che si somministrano durante la gestazione alla madre oppure quelli prescritti per il neonato, perché gli effetti, collaterali e non, non agirebbero solo sulle funzioni organiche ma anche su quelle legate alla formazione sinaptica, con conseguenze di portata enorme. Pensiamo a quante domande potremmo porci sulle origini dell’autismo, sullo sviluppo del QI, sul meccanismo legato ai sogni (per esempio: i feti sognano?).

In attesa di nuovi contributi dai ricercatori, forse sarebbe una buona cosa cominciare a riflettere su questo lavoro e acquisire consapevolezza sul mondo del feto e del neonato che potrebbe non essere come abbiamo sempre creduto.

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